martedì 21 settembre 2010

Come per dire...

E' di questo che ho vissuto, è di questo che voglio morire.

lunedì 20 settembre 2010

Avvelenato.

L'amore non è che una malattia. Mi è chiaro, ormai. Quanto più forte è il sentimento che ci lega a qualcosa, o a qualcuno, tanto più malsane sono le conseguenze che ne derivano.
L'amore inganna. Perché come le droghe concede momenti di indimenticabile ebbrezza, paradisi artificiali che tendiamo ad estendere infinitamente nel desiderio, ma che lentamente ci logorano, consumano la nostra carne, accorciano il respiro.
L'amore è un fiore del male, un veleno lento, come l'alcol, la nicotina.
Arriva un momento in cui devi scegliere se morirne o smettere.
E quando decidi di smettere, il taglio è brusco, immediato, irreversibile.
Tanto più dolce è il legame, tanto più cruento il reciderlo.
Le peggiori crudeltà, quelle di cui nemmeno ci pensavamo capaci, le abbiamo sempre riservate alle persone che amavamo di più.
Quando c'è in gioco la vita, si impara il cinismo. Non ci si puo' pensare sopra, bisogna agire, amputare, prima della cancrena.
No, essere la droga di qualcuno, non è un bel mestiere...
Perchè da un giorno all'altro, smetti di essere dio e diventi soltanto un cancro da curare.
E allora non ti resta che farti da parte, in silenzio.
Se si potesse fare così con le malattie, bastasse chiederglielo con gentilezza: ti spiacerebbe lasciarmi in pace?
D'altra parte, esistono eccezioni. Avvelenati cronici.
Mio nonno si faceva tre pacchi di sigarette al giorno. Tre.
Sul letto di morte me lo ricordo ancora attaccato alla bombola di ossigeno, quasi non parlava più. Ma ogni tanto vagava con lo sguardo sul comodino e si portava due dita alle labbra, come per dire...