venerdì 11 dicembre 2009

Cauchemar


Gérard Vulliamy,
La Main de Dieu (1938-1940)



Non ho sonno. Non dormo. Eppure non mi muovo dal letto.
Immerso tra cinque strati di coperte fluide e sottili, sono come un astronauta che viaggia nel nulla dello spazio profondo, consapevole di essere un pioniere e di non poter sperare in un ritorno.
Tornare...Perchè poi? Non c'è più niente per me laggiù. Lì fuori.
Il mondo non mi fa paura. Mi fa orrore.
E' un mostro che ti obbliga a combattere ogni giorno, per difendere ogni fragile bellezza in cui hai sperato.
Preferisco il vuoto di questo spazio, il sogno, il silenzio dei sensi, dove si agitano fantasmi e dolori tremendi, ma dove la bellezza, ancora, trova un luogo per esistere.
Mi alzo ogni giorno più cattivo. E non perchè lo voglia o lo trovi piacevole, ma per sopravvivere.
E' quando ti svegli, che comincia il vero incubo.

mercoledì 9 dicembre 2009

La mia patria.


René Magritte,
Le Chateau des Pyrènèes (1959)



La mia patria sarà un luogo lontano.
Silenzioso. Un angolo avulso dallo spazio degli altri.
Una parentesi che racchiude un'espressione irrisolvibile.
Non ci saranno mappe per raggiungerla, nè strade segnate.
Non ci saranno stelle per orientarsi, nè venti da cui lasciarsi spingere.
Nessuna muraglia segnerà i suoi confini, nessun esercito starà lì a difenderla.
Il sole non getterà mai ombre sul suo suolo e la luna non ne rischiarerà le notti.
La mia patria non è di questo mondo e non la vedrà nessuno, che non sappia guardare in alto.
La mia patria è un castello di sogni dove entrerà soltanto
chi saprà preservare il valore della bellezza. Per sempre.