martedì 20 novembre 2012

Chiudo gli occhi.

Stanca ebrezza notturna. Il momento di lasciarmi sprofondare in un altrove fatto di vecchie cose, nascoste da qualche parte, in un secchio di vernice, colore del passato, rosso rubino, come un bicchiere di porto, in cui galleggiano microscopiche note di morne malinconiche, suonate al ritmo della tristezza che ci chiama tutti a sè, prima o poi, inevitabilmente.
C'è un momento per tutto. Questo è l'attimo delle memorie, del distacco che cerchiamo disperatamente di evitare... O di dimenticare. Che suonino le note di questa morna, che danza nell'eco della notte. Suonino e taglino come un violino disperato, che ferisce l'anima col suo lamento.
Alcolico sentore di disperdersi col vento come sabbia, nella sabbia.
La pena dei ricordi, il male di chi non sa dimenticare. Di chi non si dà mai pace. Perchè nella pace troverebbe la morte.
E allora alcool e note e lacrime. E bellezza. Perchè anche struggersi ha una sua estetica. E se la tristezza davvero non la si puo' evitare, che almeno sia una splendida tristezza, fatta di poesia, di musica, di fatine e di assenzio. Oltre che di assenze... naturalmente.