mercoledì 30 aprile 2014

Quella sottile differenza tra cambiare e crescere.

Mentirei se dicessi di essere contento di quello che ho fatto fino ad oggi. 20 anni fa avevo in mente per me un futuro ben diverso da quello che poi è stata realmente la mia vita. Ho concluso poco. Meno di quanto sperassi. Avrei voluto lasciare più segni, raggiungere più mete, guardarmi alle spalle oggi e scorgere un percorso più netto. Tuttavia... tuttavia adesso che mi volto a guardare, vedo che questo cammino, per quanto copra davvero poca distanza in lunghezza, si è dipanato ampiamente in larghezza, curvandosi ed esplorando i margini, gli angoli, le periferie di questo poco spazio percorso. Ho concluso poco, è vero e rimane vero, ma ho ascoltato tanto, ho visto tanto, ho sentito sulla pelle. Ho parlato, ho pianto, ho ricordato e dimenticato... per poi ricordare di nuovo. Mi sono perso e mi sono fermato, mi sono ritrovato e ho ripreso il cammino. Non mi sono mai tirato indietro davanti al dolore, al pericolo, a ciò che poteva ferirmi. Ho prestato il fianco e ho combattuto. Ho perso, spesso. Qualche volta anche vinto. Ma il punto era combattere, sempre. Adesso che guardo bene, se pure senza traguardi, questo percorso, rivela in ogni curva un senso preciso, un motivo, non un vagare casuale e privo di meta, ma uno spingersi, prepotente, verso qualcosa. Una ricerca, di verità, di bellezza, di senso. Ogni passo di questo viaggio è stato il segno di una lenta evoluzione, verso la comprensione di me stesso e delle cose della vita.
La condotta di un uomo dovrebbe ispirarsi ad un albero, il tronco ben radicato per terra, i rami liberi di agitarsi nel vento e il suo carattere dovrebbe rifarsi alla forma di una moneta forata: quadrata all'interno ma rotonda all'esterno - Ip Man 
Se guardo all'inizio, certo, mi trovo una persona profondamente diversa ma insieme estremamente simile. Ho imparato ad assorbire i turbamenti delle semplici cose, a lasciarmi scivolare addosso tutto quello che non ha un senso, che non ha un vero motivo di essere. Ho imparato a non giudicare ed insieme ad accettare il giudizio degli altri. Ho imparato che non si puo' piacere a tutti, ed è bene che sia cosi. Ho imparato a parlare sottovoce quando mi viene spontaneo urlare e a stare zitto, quando le parole non esprimono il verso autentico della mia anima. Ho imparato a sorridere dei limiti miei e degli altri, ad accettare ciò che è diverso da me. Ho imparato a perdonare, forse non ancora del tutto a perdonarmi. Sono cresciuto si, ma non sono cambiato. E se è vero che oggi mi ritrovo meno spigoli di un tempo, se è vero che sono più placido e meno ruvido, è altrettanto evidente che l'essenza è rimasta quella, il nocciolo non è cambiato e non ho svenduto quello in cui credevo, mai. Forse non sono ancora andato tanto lontano quanto speravo, è vero, ma ci sono arrivato da solo e senza smarrire mai la parte più vera di me.

 

venerdì 7 febbraio 2014

Strange Odyssey.

Quando ti giochi tutto te stesso in un'impresa...in una follia, in un amore, in un'idea lo fai perchè la senti come la cosa più giusta, e perchè sai che qualunque altra strada ti si possa aprire davanti, davvero, non la sceglieresti mai. Non ci penseresti nemmeno. E' una certezza. Ma è l'unica che hai. E allora allacci il casco, accendi i motori. E quando il conto alla rovescia del dubbio è finito, sei lì... come un proiettile sparato in quello spazio sconosciuto e senza fine. E ti senti un po' come un astronauta nel vuoto delle stelle mentre volteggi sospeso nel tuo sogno, a metà tra l'ansia di ritornare e la meraviglia di rimanere, nel silenzio e nella luce, dove nessuno puo' più raggiungerti, se non lo conservi nel ricordo.
Though I'm past one hundred thousand miles, I'm feeling very still and I think my spaceship knows which way to go Tell my wife I love her very much ... she knows
La mia scelta l'ho fatta. E non c'è più niente che possa (o voglia) fare per tornare indietro.

domenica 10 novembre 2013

Niente da esprimere.

Niente da esprimere, se non il vagare di luci intermittenti e fumi nella notte, il montare dell’alcool che lentamente ti abbraccia come un amico che non vedi da tempo e che ha tanto da raccontarti. E musica, musica troppo alta, atta a stordire e distoglierti il pensiero da inevitabili e amare conclusioni logiche. Percussioni violente che rimbombano tra la soglia socchiusa della tua anima e il filo del marciapiede. E voci. Voci di chi ancora ha qualcosa da dirsi, o da rinfacciarsi. Parole sporadiche e sconnesse che si intrecciano stonate allo stridere meccanico del camion dei rifiuti. E passi stanchi, per inerzia di vita, ti trascinano verso l’orizzonte torbido e lattiginoso di un’altra alba algida.

mercoledì 1 maggio 2013

Danza antica (e solitaria)

Vorrei spiegare. A chi non si spiega cosa ci sia di sacro in una solitudine venefica, vorrei spiegare che la vita per alcuni scivola densa e lenta, al punto che ogni goccia pesa e suona come una nota... e fa un rumore unico rimbombando nella cassa di un bouzouki che si tengono appoggiati sul cuore, sempre. E' una poesia esoterica, per ricordare e dolcemente, ancora, farsi male... Un culto doloroso che ritualmente viene tramandato e rinnovato. E mentre la vita degli altri si ripete nelle sue spirali concentriche di indifferenza, sempre più strette, sempre più simili, danzando in quella tristezza si mantiene vivo il senso della bellezza perduta, se ne onora il ricordo. Il prezioso monumento del sogno, dell'illusione, questa tristezza che tutti possono percepire, ma che solo chi sente davvero puo' comprendere, assomiglia proprio a un "lamento che si canta in coro, ma si balla, inevitabilmente, da solo"

sabato 29 dicembre 2012

Knock-out

Mi sono guardato allo specchio e c'ho visto un pugile suonato dalla vita.
Mandato al tappeto per l'ennesima volta. Un pugile vecchio, stanco, con la faccia
livida, segnata dai round, scavata dal tempo.
Dieci! Nove! Otto!
il destro e il sinistro funzionano ancora, ma la guardia... è stato sempre il mio tallone d'Achille. Ho dovuto imparare a incassare, perchè parare proprio, non c'era storia. E incassare, incasso pure, tanto.
Ma quando ti entra il dritto giusto, diavolo! Ti senti smontare la testa...
Sette! Sei! Cinque!
E allora vai giù. E la caduta è come se non finisse mai. Un lento abbandono, alcolico e lisergico, quasi senza peso, e il tappeto è come un mare in cui non vedi l'ora di sprofondare, mentre lo schianto ti fulmina le orecchie... come uno sparo a bruciapelo sulla tempia.
Quattro! Tre! Due! 
Ora ti senti veramente finito: i guantoni ti pesano come una zavorra, ti inchiodano a terra. E forse non hai nemmeno tutta sta voglia di alzarti ancora. Il tappeto è sporco, ruvido, sanguina. (O forse sei tu che sanguini, ma che differenza vuoi che faccia adesso?) Eppure ha un che di accogliente, come una culla. Fermati qui... non andare oltre... fermo.
Uno! 
Scherzavo, è che mi piace creare suspence. Punto i guantoni sul tappeto e mi alzo. Perchè in fondo so di averne almeno per un altro paio di round...

giovedì 13 dicembre 2012

Come as you are.

Perchè ci sono persone che proprio non le potrai mai inquadrare, capire. Persone che vanno prese per come sono, amate per come sono. E per quello che a modo loro, senza neppure saperlo, riescono a regalarti. Qualcosa che ti manca, da sempre. Sensazione rara. Ritrovarsi in una parentesi fuori dall'universo ordinario, dove non ci sono calcoli, nè luoghi comuni, dove tutto avviene naturalmente per la prima volta, ancora una volta. E ancora. Schemi che saltano. Linee che si intersecano. Disordine. Armonia. E qualunque cosa ne venga, indimenticabili memorie. Memorie in rima, come note su uno spartito, che se suoni le prime, proprio non puoi fare a meno di andare in fondo al pezzo... e perderti. Allora si, vieni come sei, perchè sei uno spettacolo che non voglio perdermi, perchè sei un'armonia che trasmette direttamente all'anima, alla frequenza del sorriso e dei sogni.

martedì 20 novembre 2012

Chiudo gli occhi.

Stanca ebrezza notturna. Il momento di lasciarmi sprofondare in un altrove fatto di vecchie cose, nascoste da qualche parte, in un secchio di vernice, colore del passato, rosso rubino, come un bicchiere di porto, in cui galleggiano microscopiche note di morne malinconiche, suonate al ritmo della tristezza che ci chiama tutti a sè, prima o poi, inevitabilmente.
C'è un momento per tutto. Questo è l'attimo delle memorie, del distacco che cerchiamo disperatamente di evitare... O di dimenticare. Che suonino le note di questa morna, che danza nell'eco della notte. Suonino e taglino come un violino disperato, che ferisce l'anima col suo lamento.
Alcolico sentore di disperdersi col vento come sabbia, nella sabbia.
La pena dei ricordi, il male di chi non sa dimenticare. Di chi non si dà mai pace. Perchè nella pace troverebbe la morte.
E allora alcool e note e lacrime. E bellezza. Perchè anche struggersi ha una sua estetica. E se la tristezza davvero non la si puo' evitare, che almeno sia una splendida tristezza, fatta di poesia, di musica, di fatine e di assenzio. Oltre che di assenze... naturalmente.

giovedì 6 settembre 2012

Sulla Perfezione.

Se la perfezione non è di questo mondo, per quanto mi riguarda non esiste affatto. Forse però è sul concetto stesso di perfezione, che ci si inganna.
Cosa è davvero perfetto? Cosa si puo' a buon diritto definire tale? Qualcosa che risponda pienamente alle nostre aspettative? Qualcosa che sia la trasposizione concreta di un nostro progetto o di un sogno? O semplicemente una forma di armonia, di bellezza insomma?
Nulla di concreto puo' mai essere perfettamente congruente ad un progetto. A causa dell'infinita varietà dell'esistenza e alla deliziosa collaborazione del caso. Insomma se si cerca la perfezione a partire da un'idea, in qualcosa che è al di fuori di noi, è chiaro che nulla sarà mai abbastanza congruente ad essa da poter essere definito perfetto.
Per me la perfezione è una questione personale. Qualcosa che concerne te stesso, qualcosa che puoi aspettarti solo da te stesso. E che in fondo da te stesso devi pretendere. Ciò che io definisco perfetto ha molto a che fare con la volontà, con l'azione. Per me la perfezione è ciò che ti muove ogni giorno ad agire, ciò che determina le tue scelte. E che fa di te quello che sei, che dimostri di essere. E per questo non c'è nulla di più soggettivo della perfezione.
Molto di quello che ci capita nella vita non ha nulla a che fare con la nostra volontà, è vero. Ma molto altro, la maggior parte di quanto accade, siamo a noi a sceglierlo, a volerlo prepotentemente. Consciamente o Inconsciamente.
Eh si perchè spesso le persone sono vittime della loro spietata volontà di non esistere, di non pretendere nulla da se stesse, di non muoversi per paura dei fatti, dell'onda d'urto che ogni singola azione produce, ripercuotendosi sulla loro sensibilità.
Non agire, crepare nel fondo di una stasi venefica è una scelta altrettanto concreta che quella di vivere, di avere esperienze, rispettare una morale o seguire una propria missione.
Ci si illude spesso che la perfezione consista in qualcosa di salvifico, una specie di Deus ex machina che scenda sulla nostra vita e faccia funzionare tutto ciò che noi abbiamo accuratamente disattivato, in attesa dell'avvento. Si immagina la perfezione come un bene assoluto, senza nessuna conseguenza. Una pillola magica capace di farci provare tutte le emozioni della vita, sofferenza esclusa, ovviamente.
Ma là fuori non c'è niente che funzioni così e spostare la ricerca da se stessi agli altri, alle cose fuori di noi, siano esse materiali o emotive, è solo un ottimo modo per sollevarsi da ogni responsabilità e rinunciare a pretendere la perfezione da se stessi.
La perfezione non è nient'altro che una scelta.
E come tutte le scelte spesso ha conseguenze devastanti, irreparabili, tragiche.
La perfezione spesso è un sacrificio, una rinuncia, una battaglia... una guerra.
La perfezione non è mai del tutto compiuta, perchè ogni giorno ti obbliga ad uno sforzo ulteriore, e per quanta strada tu faccia non troverai mai un punto di arrivo.
La perfezione è solo la direzione in cui scegli di muoverti
(e che decidi di tenere, nonostante tutto).



martedì 10 gennaio 2012

Ground Zero

Nient'altro che un punto. La prima pietra. Agognato Luogo di una realtà finora utopica.
Solo io posso vederci attraverso. E se voi solo sapeste quante cose si possono scorgere da questo punto, semplicemente variando la prospettiva.
Quanta rabbia, quante incomprensioni, quante ostilità, quante domande senza risposta. Quante illusioni e quante delusioni. Quanta disperazione nel buio e quanta forza ritrovata chissà come, chissà perchè, dal nulla, a pensarci bene.
Da quel nulla inesplorato che alcuni si portano dentro e da cui ogni tanto, in maniera del tutto slegata e insensata riemerge qualcosa. Qualcosa che ha il potere di cambiare la tua visione del mondo, in un attimo. Come un paio di occhi nuovi, che vedono tutto per la prima volta. Ancora.
Ho trascinato le mie idee fuori dall'odio e dal biasimo. Meritati? Puo'darsi, di certo non sprecherò una parola per difendermi; al contrario di molti ho fatto pace con la mia natura difficile, ferina per certi aspetti, e non ho alcuna intenzione di nasconderla, nè a voi, nè soprattutto a me stesso.
Il punto. Il punto è un arrivo si. Un approdo. Ma inevitabilmente l'inizio di un altro viaggio, ancora più lungo, ancora più difficile, probabilmente, di quello che mi ha portato qui. Ma quello che so, oggi, è che questa mia intima Odissea, è tutto quello che sono, quello in cui credo. E in questo viaggio, nel suo esito, c'è la misura del mio valore, il codice della mia anima.

sabato 10 settembre 2011

Nostalghia.

Perchè, inutile negarlo, si rimane inesorabilmente ancorati a quello che perdiamo. Forse perchè incosciamente sappiamo che la vita tende ad un lento ma inarrestabile peggioramento...
Forse perchè ci conforta l'idea stessa di essere protesi verso qualcosa che ci è stato caro, mentre qualcos'altro ci trascina già via...
Sapere da dove veniamo ci trasmette l'illusoria consolazione del ritorno.
un ritorno ipotetico, onirico magari. Ma pur sempre un ritorno.
E intanto la vita ci spinge lontano, troppo per ritrovare le strade, a volte troppo persino per ricordare.
E allora? Occorre fermarsi, ogni tanto. Prendere tempo. il tempo per riascoltare le storie che hai già sentito mille volte, il tempo per arrabbiarti ancora per quello che non hai mai sopportato, il tempo per piangere sul latte versato. Il tempo per la polvere, il tempo per scattare una foto, il tempo per le scuse... e per fissare un nuovo rendez vous con il passato...chissà quando, chissà dove.